mercoledì 6 giugno 2012

Cuscus


Il cuscus (couscous in grafia francese) è una preparazione di farina di semola di grano duro di origine araba. La parola è di incerti natali, dato che in arabo tale preparazione è definita t’aam. Diffusosi in Europa dopo la metà del XIX secolo, in seguito all’occupazione francese dell’Algeria e della Tunisia, il cuscus è parte integrante della tradizione gastronomica di alcune zone italiane, quali Trapani, Livorno e la Sardegna. L’origine del cuscus in Italia pare però dubbia: alcuni sostengono che sia un’eredità diretta dell’occupazione araba nel Medioevo, altri ritengono invece che siano stati i rapporti di lavoro e di affari sviluppatisi in età moderna tra le zone italiane interessate e il Nord Africa, relativi soprattutto al settore della pesca, a favorire l’introduzione nel Bel Paese della gustosa preparazione (questo è ad esempio il caso di Livorno). A favore dell’importazione relativamente recente deporrebbe il fatto che il nome non è arabo, ma nordafricano. Il cuscus non è una preparazione autonoma, ma un impasto che può assumere diverse forme, accompagnando carne o pesce, come minestra o composizione dolce. Insieme di granelli di semola addensati con acqua e olio, può essere costituito anche da farine che non siano di grano duro (per esempio quella d’orzo). Tra il Marocco e l’Egitto è accostato alle preparazioni più varie: ragoût di carni differenti (agnello e pollo), umidi di pesce (soprattutto in Tunisia), stufati di verdura. Esistono anche versioni dolci: alla cannella in Marocco, con pistacchi e frutta secca bagnata nel latte zuccherato in Tunisia. Le ricette tunisine, in particolare la classica con carne di castrato, sono abbastanza diffuse in Italia, oltre naturalmente a quelle siciliane. Una tradizione marocchina, in uso fino a poco tempo fa, reputava una ragazza pronta per il matrimonio solo quando avesse acquisito la pazienza e l’abilità necessarie per la preparazione del cuscus.

Cfr. M. Guarnaschelli Gotti, Grande enciclopedia della gastronomia, a cura dell'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Milano, Mondadori, 2008, pp. 603-604.

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