mercoledì 20 giugno 2012

Al Matarel di Milano




"L'apparecchiata è da trattoria (saliera, stuzzicadenti, grissini confezionati, posacenere sponsorizzati), i prezzi da ristorante. A Milano è normale, e se non ti va bene potevi startene a casa tua. Il menù è invernale, mentre in corso Garibaldi l'asfalto sta sciogliendosi sotto il sole. In Lombardia è normale, si vede che gli avi mangiavano cassoeula anche a Ferragosto. Sfogliando la carta dei vini si trova qualche rosso frizzante piemontese da provare ma quello che c'è in lista non c'è in cantina e quello che c'è in cantina non c'è in lista. In Italia è normale, la notizia che con un computer e una stampante si può aggiornare la carta ogni settimana non è ancora arrivata. Anno più anno meno, che fretta c'è. È solo grazie a un cameriere di buona memoria che si viene a sapere di un Dolcetto d'Alba di Prunotto, vino e azienda mai molto emozionanti ma sempre affidabili. E sia.
La cucina reazionaria (meneghina irriducibile) del Matarel è stata scelta in abbinamento con la pittura reazionaria (figurativa estrema) di cui si dovrà concionare dopo pranzo all'accademia di Brera. In simile contesto il commensale più giusto sarebbe stato Giulio Durini di Monza, ma quando gli si telefona il contino pittore ha sempre di meglio da fare: un ritratto per Marcello Pera, un quadro per Peter Glidewell, cose così... E allora si ripiega su Luca Beatrice, critico d'arte progressista, che infatti storce il naso di fronte ai nervetti, ghiottoneria da Milano del Porta. Superati gli antipasti, fra cui un succulento fettone di salame, che visto spessore e stagionatura qualcuno potrebbe prendere per hamburger di maiale semicrudo, si passa al minestrone semifreddo alla milanese, unico piatto compatibile con l'estate incipiente. È buono e fa bene ma la vera meraviglia del Matarel è il rustin negàa. Le grafie sono molteplici, come pure le varianti della ricetta. Ma dovrebbe sempre trattarsi di nodino di vitello (con l'osso) annegato nel vino (da cui il nome). Il tutto poi, seppellito di patate e passato al forno. Quanti ristoranti saranno rimasti a Milano, quindi in Italia, cioè nel mondo, a preparare il rustin? Tre? Quattro? Cinque? Insomma, se uno lo vuole provare è meglio che si sbrighi. I dolci sono più comuni ma ugualmente ben confezionati: zuppa inglese e castagnaccio (a maggio?)sono un trionfo di voluttà e di zuccheri. Tutto il pranzo si svolge sotto la benedizione di un ritratto di Garibaldi, opera di Nani Tedeschi e regalo di Bettino Craxi (con tanto di firma e di data: 1990). Il Matarel è un pezzo di storia patria, al tempo della Milano da bere qui si riuniva ogni lunedì lo stato maggiore socialista. Venirci a mangiare oggi significa essere nostalgici ma anche buongustai (se solo eliminassero i grissini)".

In C. Langone, Maccheronica. Guida reazionaria ai ristoranti italiani, Milano, Mondadori, 2004, pp. 40-41.

Opinione aggiuntiva: tutti dovrebbero avere la loro personale esperienza Al Matarel.

Nessun commento:

Posta un commento