giovedì 31 maggio 2012

Risotto alla milanese di Carlo Emilio Gadda



Articolo tratto dalla rivista aziendale "Il gatto selvatico", ottobre 1959

L'approntamento di un buon risotto alla milanese domanda risotto di qualità, come il tipo Vialone, dal chicco grosso e relativamente più tozzo del chicco tipo Caterina, che ha forma allungata, quasi di fuso. Un riso non interamente "sbramato", cioè non interamente spogliato del pericarpo, incontra il favore degli intendenti piemontesi e lombardi, dei coltivatori diretti, per la loro privata cucina. Il chicco, a guardarlo bene, si palesa qua e là coperto dai residui sbrani d'una pellicola, il pericarpo, come da una lacera veste color noce o color cuoio, ma esilissima: cucinato a regola, dà luogo a risotti eccellenti, nutrienti, ricchi di quelle vitamine che rendono insigni i frumenti teneri, i semi, e le loro bucce velari. Il risotto alla paesana riesce da detti risi particolarmente squisito, ma anche il risotto alla milanese: un po' più scuro, è vero, dopo l'aurato battesimo dello zafferano.

Recipiente classico per la cottura del risotto alla milanese è la casseruola rotonda, ma anche ovale, di rame stagnato, con manico di ferro: la vecchia e pesante casseruola di cui da un certo momento in poi non si sono più avute notizie: prezioso arredo della vecchia, della vasta cucina: faceva parte come numero essenziale del "rame" o dei "rami" di cucina, se un vecchio poeta, il Bussano, non ha trascurato di noverarla nei suoi poetici "interni", ove i lucidi rami più d'una volta figurano sull'ammattonato, a captare e a rimandare un raggio del sole che, digerito il pranzo, decade. Rapitoci il vecchio rame, non rimane che aver fede nel sostituto: l'alluminio.

La casseruola, tenuta al fuoco pel manico o per una presa di feltro con la sinistra mano, riceva degli spicchi o dei minimi pezzi di cipolla tenera, e un quarto di ramaiolo di brodo, preferibilmente di manzo: e burro lodigiano di classe.

Burro, quantum prodest, udito il numero de' commensali. Al primo soffriggere di codesto modico apporto, butirroso-cipollino, per piccoli reiterati versamenti, sarà buttato il riso: a poco a poco, fino a raggiungere un totale di due tre pugni a persona, secondo l'appetito prevedibile degli attavolati: né il poco brodo vorrà dare inizio per sè solo a un processo di bollitura del riso: il mestolo (di legno, ora) ci avrà che fare tuttavia: gira e rigira. I chicchi dovranno pertanto rosolarsi e a momenti indurarsi contro il fondo stagnato, ardente, in codesta fase del rituale, mantenendo ognuno la propria "personalità": non impastarsi e neppure aggrumarsi.

Burro, quantum sufficit, non più, ve ne prego; non deve far bagna, o intingolo sozzo: deve untare ogni chicco, non annegarlo. Il riso ha da indurarsi, ho detto, sul fondo stagnato. Poi  a poco a poco si rigonfia, e cuoce, per l'aggiungervi a mano a mano del brodo, in che vorrete esser cauti, e solerti: aggiungete un po' per volta del brodo, a principiare da due mezze ramaiolate di quello attinto da una scodella "marginale", che avrete pronto. In essa sarà stato disciolto lo zafferano in polvere, vivace, incomparabile stimolante del gastrico, venutoci dai pistilli disseccati e poi debitamente macinati del fiore. Per otto persone due cucchiaini da caffè. Il brodo zafferanato dovrà aver attinto un color giallo mandarino: talché il risotto, a cottura perfetta, venti-ventidue minuti, abbia a risultare giallo-arancio: per gli stomaci timorati basterà un po' meno, due cucchiaini rasi, e non colmi: e ne verrà fuori un giallo canarino. Quel che più importa è adibire al rito un animo timorato degli dei e reverente del reverendo Esculapio o per dir meglio Asclepio, e immettere nel sacro "risotto alla milanese" ingredienti di prima qualità: il suddetto Vialone con la suddetta veste lacera, il suddetto Lodi (Laus Pompeia), le suddette cipolline; per il brodo, un lesso di manzo con carote-sedani, venuti tutti e tre dalla pianura padana, non un toro pensionato, di animo e di corna balcaniche: per lo zafferano consiglio Carlo Erba Milano in boccette sigillate: si tratterà di dieci dodici, al massimo quindici, lire a persona: mezza sigaretta. Non ingannare gli dei, non obliare Asclepio, non tradire i familiari, né gli ospiti che Giove Xenio protegge, per contendere alla Carlo Erba il suo ragionevole guadambio. No! Per il burro, in mancanza di Lodi potranno sovvenire Melegnano, Casalbuttano, Soresina, Melzo, Casalpusterlengo, tutta la bassa milanese al disotto della zona delle risorgive, dal Ticino all'Adda e insino a Crema e Cremona. Alla margarina dico no! E al burro che ha il sapore delle saponette: no!

Tra le aggiunte pensabili, anzi consigliate o richieste dagli iperintendenti e ipertecnici, figurano le midolle di osso (di bue) previamente accantonate e delicatamente serbate a tanto impiego in altra marginale scodella. Si sogliono deporre sul riso dopo metà cottura all'incirca: una almeno per ogni commensale: e verranno rimestate e travolte dal mestolo (di legno, ora) con cui si adempia all'ultimo ufficio risottiero. Le midolle conferiscono al risotto, non più che il misuratissimo burro, una sobria untuosità: e assecondano, pare, la funzione ematopoietica delle nostre proprie midolle. Due o più cucchiai di vin rosso e corposo (Piemonte) non discendono da prescrizione obbligativa, ma, chi gli piace, conferiranno alla vivanda quel gusto aromatico che ne accelera e ne favorisce la digestione.

Il risotto alla milanese non deve essere scotto, ohibò, no! solo un po' più che al dente sul piatto: il chicco intriso ed enfiato de' suddetti succhi, ma chicco individuo, non appiccicato ai compagni, non ammollato in una melma, in una bagna che riuscirebbe schifenza. Del parmigiano grattuggiato è appena ammesso, dai buoni risottai; è una banalizzazione della sobrietà e dell'eleganza milanesi. Alle prime acquate di settembre, funghi freschi nella casseruola; o, dopo S. Martino, scaglie asciutte di tartufo dallo speciale arnese affetto-trifole potranno decedere sul piatto, cioè sul risotto servito, a opera di premuroso tavolante, debitamente remunerato a cose fatte, a festa consunta. Né la soluzione funghi, né la soluzione tartufo, arrivano a pervertire il profondo, il vitale, nobile significato del risotto alla milanese.

mercoledì 30 maggio 2012

Torta fragoline della Pasticceria Ranieri






Oggi è il compleanno dell'amore della mia vita, Massimo. Volendo fargli una sorpresa culinaria, e non potendo prepararla con le mie mani per questioni di tempo e spazio, ho deciso di acquistare presso la pasticceria Ranieri di Milano la loro mitica Torta fragoline, una delizia sia per gli occhi, sia per il palato.
Fondata nel 1969 nella città meneghina, la bottega dolciaria Ranieri è collocata nella sede storica di via Moscova 7, all'interno di un intimo locale che conserva intatto quel sapore dolce che spesso solo le "piccole cose di buon gusto" sanno generare. http://www.pasticceriaranieri.it/doc/home.html



martedì 29 maggio 2012

Purea di fave


Un piatto semplice, ma sfizioso. Ottimo contorno di verdure.

Ingredienti:

- 250 g di fave secche
- 80 g (anche meno) di olio d'oliva
- 1 grosso pomodoro
- 1 cipolla affettata finemente
- 1 l di acqua
- sale

Preparazione:

Mettere le fave in acqua fredda per 12 ore; scolarle e sbucciarle.
Porre in una casseruola la cipolla affettata finemente, le fave, l'acqua leggermente salata e il pomodoro pelato, privato dei semi e tagliato a pezzi.
Mettere la casseruola sul fuoco, incoperchiare e lasciar cuocere fino a quando le fave diventeranno tenere e inizieranno a spappolarsi.
Schiacciarle con la forchetta oppure passarle al frullatore (nel primo caso, lo dico per esperienza, occorre molta più pazienza), fino a ottenere una purea.
Aggiungere nella casseruola l'olio.
Lasciar cuocere ancora per cinque minuti, controllare il sale e... servire!

lunedì 28 maggio 2012

Il porro

Il porro è una pianta erbacea, appartenente alla stessa famiglia botanica dell'aglio e della cipolla. La parte commestibile consiste nelle porzioni basali delle foglie: più il prodotto è biancastro, più risulterà tenero e dal sapore maggiormente delicato. Esistono diverse varietà di porro, sia estive, sia invernali.
Originario del Medio Oriente, veniva coltivato dagli egiziani. I romani ne andavano ghiotti, in particolar modo l'imperatore Nerone, che, credendo aiutassero a mantenere la voce chiara, ne consumava abbondanti quantità. Per il tramite dei romani il porro giunse in Gran Bretagna, riscuotendo particolare successo nel Galles, dove, con il passare del tempo, divenne uno dei simboli della nazione (anche la bandiera del Galles richiama i colori della pianta).

Cfr. M. Guarnaschelli Gotti, Grande enciclopedia della gastronomia, a cura dell'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Milano, Mondadori, 2008, pp. 1349-1350.

Chitarrine all'uovo con porri e guanciale


In occasione della quarta edizione della Milano Food Week io e Lucia, come testimoniato dal video che ho postato, abbiamo partecipato alla nuova iniziativa "Public Kitchen": mentre io intrattenevo il pubblico in piazza San Babila, Lucia si dilettava ai fornelli cucinando le Chitarrine all'uovo con porri e guanciale, gustosa ricetta di facile esecuzione.

Ecco gli ingredienti:

- chitarrine all'uovo
- porri
- olio
- un piccolo peperoncino
- mezzo bicchiere di vino bianco o un bicchierino di cognac
- guanciale
- rosmarino
- pecorino

Preparazione:

Rosolare il porro, precedentemente affettato, nell'olio, aggiungendo un piccolo peperoncino.
Per portare il porro a una cottura completa, versare nella padella mezzo bicchiere di vino bianco (o, in alternativa, un bicchierino di cognac) e farlo evaporare.
Unire al condimento il guanciale tagliato a fettine e lasciar rosolare a lungo.
Nel frattempo, cuocere le chitarrine in abbondante acqua salata.
Una volta cotte, unirle al sugo, amalgamando il tutto con un po' di acqua di cottura. Unire il rosmarino, mantecando con una spruzzata di pecorino.

Questa l'ottima ricetta proposta da Lucia. Siccome però mio marito non ama il guanciale, io l'ho sostituito con la bresaola (vedere la foto) e il risultato è stato comunque più che soddisfacente.

Milano Food Week 2012

Giovedì 24 maggio 2012 io e Lucia abbiamo partecipato alla Public Kitchen allestita in Piazza San Babila in occasione della Milano Food Week.

Post n. 1

Ciao a tutti!
Mi chiamo Beatrice, ho 28 anni e sono una bibliotecaria.
Sono sposata con Massimo e da poco abbiamo adottato al canile una "cucciolotta" di 10 anni, Lally.
Nella vita adoro due cose in particolare (tre se consideriamo lo shopping): i libri e il buon cibo. Così ho deciso di dar vita a un blog che unisse le mie due passioni.
Posterò ricette e approfondimenti culturali sui cibi, arricchendo il tutto con "Le chicche di Bea" (consigli sfiziosi relativi a luoghi, prodotti, siti e a tutto ciò che ha a che fare con il mondo della cucina).
Sperando di non annoiarvi, auguro a tutti "Buona lettura".