venerdì 13 luglio 2012

La forchetta

In principio erano il cucchiaio e il coltello, poi venne la forchetta, che, nata a Bisanzio nell'Alto Medioevo, fu introdotta in Italia, in particolar modo a Venezia, in seguito alle nozze di Giovanni Orseolo con la principessa bizantina Maria, celebrate a Costantinopoli intorno al 1003. Di questo fatto dà testimonianza Ludovico Antonio Muratori negli Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1500, t. VI, Venezia, Giovanbattista Pasquali, 1744, pp. 26-27: "Abbiamo dal Dandolo, che nell’Anno XV. di Pietro Orseolo II. Doge di Venezia, il quale dovrebbe coincidere coll’Anno presente [1005], o col susseguente, una terribil carestia e moria fu non solamente in Venezia, ma per tutto il Mondo, in guisa che innumerabil gente perì. Fra gli altri, che restarono preda di questo malore, si contò Giovanni Figliuolo d’esso Doge e suo Collega nel Ducato. E da lì a sedici dì soggiacque al medesimo funesto influsso anche Maria sua Moglie, quella stessa, ch’egli avea condotta da Costantinopoli, Sorella di Romano, poscia Imperadore de’ Greci, come di sopra vedemmo all’Anno 999. Di questa Donna s’ha da intendere ciò, che scrive S. Pier Damiano colle seguenti parole: Dux Venetiarum Constantinopolitanæ Urbis Civem habebat uxorem, quæ nimirum tam tenere, tam delicate vivebat, et non modo superstitiosa, ut ita loquar, se se jucunditate mulcebat, ut etiam communibus se aquis dedignaretur abluere; sed ejus fervi rorem cæli satagebant undecumque colligere, ex quo sibi laboriosum satis balneo procurarent. (lo creda chi vuole) Cibos quoque suos manibus non tangebat, sed ab Eunuchis ejus alimenta quæque minutius concidebantur in frusta; quæ mox illa quibusdam fuscinulis aureis atque bidentibus  ori suo liguriens adhibebat [traduzione della parte riguardante la forchetta: Perfino i suoi cibi non toccava con le mani, ma ogni alimento veniva tagliato dai suoi eunuchi in pezzi estremamente piccoli, che poi quella, assaggiando appena, accostava alla sua bocca con certi piccoli tridenti dorati o bidenti]. Ejus porro cubiculum tot thymiamatum aromatumque generi bus redundabat, ut et nobis narrare tantum dedecus foeteat, et auditor forte non credit. Seguita poscia a dire, che Dio colpì la vanità e la superbia di questa Donna, perché corpus ejus omne computruit, ita ut membra corporis undique cuncta marcescerent, totumque cubiculum intollerabili prorsus foetore complerent. In tale stato fuggita da tutti, terminò la sua vita questa vanissima Principessa. S’ingannò il Dandolo, riferendo parte di queste parole di S. Pier Damiano a’ tempi di Domenico Silvio, che fu eletto Doge di Venezia nell’Anno 1071. A questi tempi appartiene un tal fatto".

Nessun commento:

Posta un commento